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O miseri mortali, aprite gli occhi! Un tesoro saudita e una firma misteriosa

Salvator Mundi (1500 circa) di Leonardo da Vinci (attr.): l'opera d'arte più costosa della storia delle aste. (Foto: VCG Wilson/Corbis tramite Getty Images)

di Átila Soares da Costa Filho
Traduzione di Valéria Vicentini / Ringraziamento a Raffaella Mulazzani

Il 2011 sarà ricordato come l'anno di uno dei più grandi eventi nel mondo dell’arte: la conferma fatta dal Dott. Robert Simon, della Columbia University, di un Salvator Mundi dipinto da Leonardo da Vinci. Il Salvator era un soggetto già noto nella letteratura vinciana, ma sono sorte molte polemiche su quale delle diverse versioni venute alla luce sarebbe stata l'originale, e se davvero ce ne fosse una tra quelle emerse. A tutti gli effetti quest’opera è stata considerata uno tra i cinque possibili capolavori di Leonardo ritenuti perduti. Dopo accurate indagini fatte nel 2005 sui migliori “pretendenti” Salvator, questo in questione è stato scelto per essere sottoposto a un complesso restauro eseguito dall'esperta Dott.ssa Dianne Modestini, conclusosi solo due anni dopo. L'olio su tavola (65cm x 45cm), di gran lunga superiore agli altri per la tecnica e la qualità, passerà poi al vaglio di un organismo tecnico che decide di attribuirgli lo status di originale. Il direttore della National Gallery di Londra, Nicholas Penny, si è poi incaricato del processo di attribuzione.
Significato e origine
Il Salvator Mundi è la rappresentazione di un tema corrente nell'iconografia cristiana sin dal Medioevo (ma con radici ben più antiche). Il “Signore dei cieli e della terra” in questione appartiene al periodo più tardo della produzione artistica di Leonardo, precisamente al 1501: qui, Gesù Cristo è raffigurato frontalmente a mezza figura, con la mano destra alzata in segno di benedizione, mentre la sinistra regge una sfera di cristallo (con implicazioni cosmografiche platoniche e greche). L'insolita assenza della croce in cima al “globo” (e della sua opacità) sarebbe forse un riferimento ai concetti astronomici di Aristotele e Copernico sulle “Sfere Celesti”, strutture in cui gli astri erano distribuiti.
Il dipinto è certificato per la prima volta nel 1649, nella Collezione d’arte del re Carlo I di Inghilterra, e, nel 1900, entra a far parte della Collezione Cook (Doughty House, Richmond) come opera di Bernardino Luini (noto allievo di Leonardo).
Successivamente offerta in asta da Sotheby's, l'opera è stata acquistata, per 80 milioni di dollari, dalla R.W.Chandler, un consorzio privato americano, e, in seguito, dall'oligarca Dmitry Rybolovlev, per 127 milioni di dollari. Questo Salvator, insieme al ritratto di Ginevra de’ Benci, della National Gallery di Washington, diventa il secondo dipinto di Leonardo conservato nel Nuovo Mondo – entrambi negli Stati Uniti. Da novembre 2011 a febbraio 2012 parteciperà alla mostra “Leonardo da Vinci: Pittore alla Corte di Milano” nella National Gallery di Londra, inedita nel suo genere.

Annunciato da Christie's a New York, il dipinto viene messo all'asta il 15 novembre 2017 e acquistato per 450,3 milioni di dollari (ben oltre la stima base di 100 milioni di dollari), diventando l'opera d'arte più costosa della storia delle vendite all’asta. Il nuovo proprietario, secondo il The New York Times, è il principe saudita Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan al-Saud, un investitore estraneo al mondo del collezionismo d'arte, ma un colosso nel settore delle telecomunicazioni (il Saudi Research and Marketing Group) e dell’elettricità.

Tuttavia, secondo una nota dell'Ambasciata araba a Washington, l'operazione sarebbe avvenuta per conto del Dipartimento della Cultura e del Turismo dell'esotica Abu Dhabi, di cui Farhan al-Saud è anche ministro. Ci si aspettava che la filiale del Museo del Louvre nell'emirato (aperta quattro giorni prima dell'evento storico) sarebbe stata la destinazione finale di quella che si ritiene una delle ultime opere di Leonardo ancora in mano ai privati.

Autenticità sotto tiro

Com’è prevedibile in questo tipo di situazione in cui viene annunciato un nuovo capolavoro, non sono mancate voci contrarie al riconoscimento. Una delle più grandi armi di cui si è dotata ogni critica contraria alla attribuzione è stato il cattivo stato di conservazione oltre al pessimo restauro precedente. Tendo a trattare questo tipo di argomentazione in modo cartesiano: i professionisti coinvolti nello scopo di far rivivere il Salvator sono un team di specialisti con vasta conoscenza ed esperienza. Dianne Modestini, del dipartimento di conservazione della Fondazione Kress ed ex conservatrice a pieno titolo del Metropolitan di New York, è una delle maggiori autorità mondiali del settore, avendo già lavorato per il Vaticano, nella Cappella Sistina, e ha tra la sua clientela istituzioni come la Collezione Frick e il Museo d'Arte di Toledo. O si ammette l'integrità di istituzioni ritenute di eccellenza – fino a prova contraria – oppure si dovrebbe riscrivere buona parte della Storia dell'Arte solo in base al criterio del “terrorismo attributivo preventivo”.

Salvator Mundi versione Ganay

La versione Ganay (1503): l’enigmatico Salvator è considerata una delle opere più esoteriche della bottega di Leonardo. (Foto: Pubblico dominio)

D’altra parte, va presa in considerazione l’opinione di alcuni specialisti (in particolare la dott.ssa Carmen Bambach, del Metropolitan di New York, e Matthew Landrus, di Oxford) che attribuiscono l'opera, non a Leonardo, ma a due dei suoi più stretti discepoli: Bernardino Luini e Giovanni Boltraffio. Quanto al Luini, sappiamo che fu un artista fortemente influenzato dai lombardi Bergognone, Bramantino e Bernardino Zenale. Sebbene molto vicino allo stile del Maestro - dopo il suo secondo soggiorno a Milano, tra il 1506 e il 1513 - al Luini manca sia il peculiare uso magistrale dello sfumato sia la meticolosità dei dettagli organici che divennero le firme di Leonardo, e che saltano agli occhi in questa versione di Abu Dhabi (nei ricci dei capelli e, soprattutto, nei dettagli anatomici della mano destra). Luini, infatti, non è Leonardo. Con Boltraffio il discorso non è diverso: i suoi personaggi tendono a definirsi con visi più tondi e forme più paffute. L'uso del colore è più “liquido”, gli elementi più grafici e i tratti non raggiungono il trenta per cento della maturità e della fermezza del “lineare etereo” del genio. Inoltre, all’epoca in cui il Salvator è stato eseguito, Boltraffio era imbevuto della visceralità cromatica del Perugino e del Francia – motivo che lo allontana fortemente dalla irenicità meditativa di quest'opera. Boltraffio, infatti, non è Leonardo. In ogni caso, se la soluzione fosse ammettere che il dipinto abbia avuto, almeno in parte, la mano di Leonardo, questa “partecipazione diretta del maestro” è tale che sarebbe sufficiente per attribuirgli l’opera, senza alcun timore.

Comunque sia, la presenza di pentimenti (tracce di alterazioni o correzioni effettuate dall'artista in corso d’opera a causa di un suo ripensamento) è, sicuramente, un forte differenziale, determinante per giungere a un giudizio sulla legittimità e originalità della versione di Abu Dhabi. Ma, poiché non tutto è rose e fiori, a proposito di un particolare, il palmo della mano sinistra che sostiene la sfera, il professor emerito di Oxford, Martin Kemp, sostiene che il pentimento che lì appare visibile non è che un falso allarme: si tratterebbe, in realtà, di un leggero effetto visivo su parte del “calcagno” della mano (quando non è a diretto contatto con la superficie della sfera). Il problema è che un tale effetto si estende oltre i limiti della sfera e, di conseguenza, la mano dovrebbe smettere di "duplicarsi", cosa che non accade. Quindi, si tratta proprio di un pentimento: questa è l'unica spiegazione possibile di ciò che lì si vede. Una prova consistente per corroborare tale affermazione si basa su un'altra versione leonardesca del Salvator Mundi che era stata considerata quella definitiva fino al ritrovamento di quella di Abu Dhabi. Parlo della copia conservata al Museo Diocesano di Napoli. Nel 2007 ho avuto l’opportunità di analizzare direttamente il dipinto - spesso attribuito a Marco d'Oggiono -, e ho potuto confermare l'assenza del pentimento, soprattutto al di sopra del pollice sinistro che poggia sulla sfera: per cui, se fosse uno strato di pelle (come vuole Kemp) sul dipinto di Abu Dhabi, dovrebbe esserci anche in questo, di Napoli. Una volta risolta la confusione, va aggiunto che nella tunica di Gesù è stata rilevata la pigmentazione dei lapislazzuli, una roccia blu intenso, uno dei materiali preferiti di Leonardo.

Bisogna anche tener conto che, contrariamente a quanto qualche detrattore potrebbe sostenere in termini della presunta assenza del dinamismo vinciano in questo dipinto (come sostiene il britannico Charles Hope, ex direttore del Warburg Institute), la rappresentazione del Salvator Mundi è la versione di un'icona tradizionale bizantina, un'arte statica, simbolica e profondamente austera, da non essere manipolata in questo senso. Allo stesso modo, l’opinione dello specialista leonardiano, Jacques Franck, secondo il quale il ritratto non può essere “leonardesco” solo perché non è leggermente “girato”, inciampa sulle sue stesse gambe. Adeguare il Cristo a una prospettiva diversa (come nella Gioconda) annullerebbe il più grande segno che connota il titolo del dipinto, Salvator Mundi: la sua sacralità protetta dalla sobrietà. Comunque, è anche possibile che l'amara esperienza del pittore in un analogo episodio di commissione gli sia servita da lezione per il linguaggio dell’immagine del Sacro (ritornerò sull'argomento più avanti).

Partendo dal presupposto che per tagliare il male bisogna prima guardare alla radice, ecco che la casa d'aste responsabile, Christie's, decide di “alzarsi in piedi” per legittima difesa: “Le ragioni dell'erudito consenso, insolitamente unanime, che il dipinto sia un’opera di Leonardo sono numerose, tra cui: il già citato confronto del dipinto con i due disegni preparatori autografati conservati nel Castello di Windsor; la corrispondenza con il Salvator Mundi nell’incisione di Wenceslaus Hollar del 1650; e la sua dichiarata superiorità rispetto alle più di venti versioni conosciute”.

Modestini pentimenti

Modestini: "I pentimenti, in genere, sono un indizio che il dipinto non è una copia..." (Foto: The Daily Item)

Di tutti gli aspetti che sono stati oggetto di tante domande, la più grande polemica girerebbe intorno al piccolo elemento, collegato al tema del dipinto: la sfera di cristallo, che, stranamente, non produce rifrazione della luce, un fenomeno ottico naturale che difficilmente sarebbe sfuggito all'acuta percezione di Leonardo e alla sua ossessiva minuziosità. Il biografo Walter Isaacson, ad esempio, sostiene che la non distorsione ottica è stata "una decisione consapevole da parte di Leonardo". Secondo lui, l'artista deve aver ritenuto che una rappresentazione più accurata avrebbe potuto rubare la scena e distrarre lo spettatore dal vero soggetto del dipinto (il Messia) oppure, sempre secondo Isaacson, che l’artista "cercava sottilmente di trasmettere un atto “miracoloso” da parte di Cristo alla sfera". Secondo me, né una cosa né l'altra... Ma, per comprendere meglio le considerazioni che farò in seguito, vorrei ricordare al lettore che la tecnica dello sfumato fu davvero rivoluzionaria alla fine del XV secolo e fu decisiva nella costituzione del Salvator Mundi.

Il miracolo dello sfumato

Nonostante abbia elevato la tecnica dello sfumato a un nuovo livello, unendolo alla pittura a olio, Leonardo da Vinci non ne è il creatore, come comunemente si ritiene. Con Leonardo, lo sfumato comprendeva una nuova tecnica, il glacis (una variante della “vetrificazione”), che consisteva nell'applicare uno strato di olio mescolato con una minima quantità di pigmenti colorati su una base bianca nel supporto pittorico. Da ciò si ricavava uno strato sottile che riproduceva una tonalità di colore eterea, evanescente. Con successive applicazioni di questi strati si otteneva un effetto di vibrante persistenza. Questa peculiare procedura sarebbe stata applicata solo nelle ultime opere dell'artista e, probabilmente, la Gioconda è stata la prima in cui fu utilizzata.

Lo scopo di questo artificio era ottenere effetti di volume in modo da creare sì un forte realismo, ma anche un'atmosfera soprannaturale. La composizione riceveva una nuova aura in un mondo abituato alle limitate immagini piatte delle rappresentazioni con effetto bidimensionale, tipiche del Medioevo, le quali, pur portando segni e codici propri, erano molto lontane da qualunque risultato realistico. Non è, dunque, difficile immaginare la reazione di coloro che, nella tecnica dello sfumato, hanno individuato la transizione a un nuovo capitolo della storia dell'immagine: così come oggi ci stupiscono, per l’assoluto e spaventoso realismo, la tecnica delle proiezioni 3-D e la tecnologia I-Max sullo schermo.

Inoltre, anche con l'uso della sezione aurea, la figura centrale nella composizione pittorica diventa parte del tutto, nel suo insieme. Vale a dire che l'immagine del già schematico modello iconografico della Gioconda, immaginato da Leonardo, nasce dal desiderio di questo "Uomo Universale", rinascimentale, che vede il proprio genere in modo integrato con la Natura... in cui entrambi gli elementi sono rappresentazioni di Dio.

San Giovanni Battista

San Giovanni Battista (1513-1516) di Leonardo: effetto dell’atmosfera eterea ottenuto dallo sfumato. (Foto: Pubblico dominio)

È noto che Leonardo difendeva il concetto che il Creatore si manifestava e riposava in tutto il Creato – tramite o al di là dei nostri sensi e di quanto siamo in grado di comprendere. E anche qui percepiamo il percorso aperto dalla mente dell'artista: siamo inseriti nella stessa Natura di cui siamo il frutto. Tuttavia, l'Uomo la modifica in quanto crea altri punti di vista che non si limitano alla prima impressione da essa fornita. In ciò risiede la pluridimensionalità del “reale”, qualcosa che la concezione medievale del potere agente - e spesso limitante - di Dio rendeva del tutto impossibile.

La sfera e la mano sinistra

Per rispondere ancora a Isaacson, per chiunque vissuto in un’epoca che cominciava ad assistere all’uso di queste nuove tecniche leonardesche, un effetto illusorio di rifrazione della luce in un dipinto – seppur molto interessante – avrebbe perso di brutto in termini di fascino visivo. Dopotutto, la Gioconda è quello che è senza la necessità di tenere una sfera in mano, giusto?

Sulla seconda speculazione (Gesù e il fenomeno della non rifrazione), a che cosa servirebbe un miracolo “alla rovescia”, cioè, riferito a un fenomeno che non ha bisogno di un miracolo per essere spiegato? Credere che la meraviglia di vedere Cristo che tiene in mano una sfera di cristallo risieda proprio nel cancellare quello che sarebbe il suo più grande fascino (l'effetto della distorsione), anche se avrebbe un certo senso, sarebbe così strano quanto accettare che la «mancanza di prove costituisce, da sola, una prova”... e ciò resta pur sempre un “ragionamento logico”. Ma tutto questo finisce per creare un vicolo cieco: un'idea ciclica che non si sviluppa e con la quale non si arriva da nessuna parte.

L'affermazione di Martin Kemp, nel giustificare la non rifrazione che ci si aspetterebbe, porta finalmente un fondamento alla discussione. Lui identifica persino il tipo di minerale di cui è fatto il nostro globo: la calcite, o cristallo di rocca, che chiarisce il comportamento ottico di ciò che si vede lì, nel dipinto, completamente coerente con ciò che accadrebbe nella pratica, inclusa la presenza di quelle che chiamava "sacche d’aria.”

Nel suo studio Die Entdeckung der Jupitermonde 105 Jahre vor Galileo Galilei, il professor Frank Keim (un ricercatore che tende ad avvicinare l'astronomia alla storia dell'arte) offre una teoria quantomeno curiosa per chiarire una delle peculiarità più sorprendenti di questa sfera che, secondo lui, in realtà è una mappa che ci mostra le due lune di Giove, Ganimede (rappresentata due volte) e Callisto nei tre punti bianchi più prominenti (la "Cintura di Orione" per Kemp). La posizione di Giove si trova esattamente all'incrocio delle stole di cuoio a "X" sul petto del Messia: la perla. L'interesse di Leonardo per l'astronomia fu particolarmente intenso negli anni della preparazione del dipinto, nel 1501, e il suo progetto compositivo comprenderebbe alcune preoccupazioni didattiche di fronte alle nuove scoperte scientifiche (ci sono pervenuti alcuni dei suoi appunti sulla costruzione di un telescopio). Pertanto, l'intenzione di lasciare la sfera “pulita” nel dipinto doveva essere tale che servisse solo da sfondo alla rappresentazione pittorica e schematica di questa verità acquisita dalle sue numerose osservazioni a Firenze. Il Salvator Mundi resta pur sempre un connubio armonioso tra Religione e Scienza: il sapere ideale, come difendeva Leonardo.

Che Leonardo non si limitasse al solo fenomeno delle distorsioni ottiche è palese in un altro suo capolavoro, La Vergine delle Rocce, conservato al Louvre. Sappiamo che l'esecuzione di questo dipinto avvenne tra il 1483 e il 1485 nel mezzo di un “calderone” di dibattiti nella Chiesa stessa, volti a un revisionismo sul Concilio di Efeso (dell'anno 431) e sul mistero della maternità divina di Maria (Theotokos). Commissionato dalla Confraternita dell'Immacolata Concezione di Milano, che sosteneva la tesi che la Vergine fosse, infatti, la Madre di Dio prima, durante e dopo il concepimento di Gesù, Leonardo decise di dare alla rappresentazione un corredo del tutto innovativo e controverso per quell’epoca. Al posto dei classici aloni di santità, delle ali esuberanti per l'angelo o delle nubi piene che collegano Cielo e Terra, quello che si vede è uno scenario affrancato dalle convenzioni umane, dalle leggi della fisica, dove il tempo e lo spazio non esistono più e dove tutti i personaggi sacri sembrano persone comuni. L'artista ci offre, in cambio, una nuova realtà, trascendentale, metafisica e sconosciuta... new age. Lì, tutto si livella all'istante e diventa soltanto... uno, l'"Unus". A proposito, anche nel Salvator Mundi c'è una “U” centrale sul bordo di cuoio della tunica di Cristo, in cima al petto, che potrebbe alludere a questo messaggio. E anche per i diversi tipi di vegetazione presenti nel paesaggio, è stato dimostrato che non possono coesistere nel nostro cosiddetto piano reale. Dunque, avrebbe perfettamente senso scartare sia le proprietà ottiche (come ci si aspetterebbe) sia la tradizionale croce verso l'alto (anch'essa assente) sulla sfera del Salvator perché ora il linguaggio non appartiene esclusivamente al mondo naturale e alle sue particolarità. E Leonardo ha pagato a caro prezzo per la sua Vergine delle Rocce. Respinto dalla confraternita (proprio per le sue innovazioni), si ritrovò, per forza di cose, a dover rifare il dipinto insieme a due collaboratori: Ambroggio ed Evangelista de Predis. Il risultato è quello che si può vedere oggi alla National Gallery di Londra.

la sfera cosmica

La sfera cosmica: da autentico Uomo del Rinascimento, Leonardo ci offre la chiave per comprendere la concezione rinascimentale del mondo. (Foto: Pubblico dominio)

Finalmente una firma?

Esaminare dettagli nascosti in opere d’arte antiche, colpite dagli effetti del passare del tempo, è certamente un compito particolarmente arduo. In certi casi, praticamente impossibile a causa di naturali inconvenienti che impediscono di eseguire un esame diretto sul materiale originale. E questo è particolarmente più drammatico qui, nel Salvator Mundi. Tuttavia, con le migliori riproduzioni del dipinto dopo la pulizia e prima de restauro a cui l’opera è stata sottoposta, è possibile, grazie all’utilizzo di un avanzato software di edizione di immagini, rilevare delle linee che inducono fortemente al riconoscimento di qualcosa di molto particolare. In realtà, il punto che qui si vuole sottolineare sarebbe solo un possibile indizio piuttosto che tracce casuali. La possibilità di una coincidenza tra tratti e lettere esiste ed è forte, anche se, comunque, resta il fatto - come riferito – dell’interferenza a favore di un'errata interpretazione dovuta alla qualità non ottima di alcune delle foto disponibili.

Ciò premesso, il “Salvator” ci riserva una sorpresa: la presunta firma di Leonardo all’interno di uno degli occhi del Messia ivi rappresentato.

occhi salvator mundi

occhi salvator mundi2

firma Lionardo

firma Lionardo2

Il nome sull'occhio destro? Alcuni dei presunti frammenti dell’iscrizione "lionardo" sono visibili addirittura nella fase post-pulizia / pre-restauro del dipinto ancora danneggiato, come risulta dallo studio realizzato da Átila Soares. In alto a destra, una delle firme ben note di Da Vinci, "IO, lionardo". La peculiare “I” di questo “IO” può essere rilevabile nelle riproduzioni fotografiche preliminari del dipinto. Ulteriori analisi potrebbero confermare queste evidenze. (Foto: Wikimedia - 2017 / Soares – 2020).

Dentro l'occhio

L’elemento, trovato dalle analisi di alcune riproduzioni ad alta risoluzione del dipinto, deriva dai segni nel suo occhio destro (punto di vista del Cristo), forse a indicare l'iscrizione: "lionardo". Riscontrata lungo la curvatura, appena sotto l'iride, è simile ad alcune firme dell'artista toscano. Come in altri casi simili a questo, le linee non sono facili da identificare, ma una somma grafica sequenziale di evidenze sembra indicare qualche "intenzione" dietro a ciò che potrebbero sembrare solo dei segni casuali. Curioso che l'evento rimanda, inevitabilmente, al ritrovamento delle iniziali “L” e “S” negli occhi della Gioconda da parte del dott. Silvano Vinceti nel 2010 (e, in base a tale scoperta, ho fatto una ricerca che svela come le stesse iniziali si troverebbero anche sul Salvator Mundi, nonché in altre opere di Leonardo).

Quanto a eventuali supposizioni che il restauro della Dott.ssa Modestini possa aver involontariamente "prodotto" queste linee, va considerato che più della metà della zona in cui si trova tale "iscrizione" non ha subito danni in misura maggiore – come evidenziato dagli infrarossi. Questa parte è stata, diciamo, ripulita dalle antiche pennellate. Modestini, infatti, assicura che è intervenuta il meno possibile in tale zona. Inoltre, come afferma lei stessa, il risultato complessivo del restauro dell'occhio destro è stato ragionevolmente soddisfacente, per cui si può considerare alta la probabilità che la parte in cui si trovano questi segni possa aver conservato la base della struttura grafica su cui si è svolto il restauro. Valida, a proposito, la valutazione di Martin Kemp, il quale, stupito nel vedere direttamente i risultati, ha dichiarato che sopra l'occhio destro aveva notato la manipolazione del colore da parte di Da Vinci con l’uso del palmo della mano (tipico di Leonardo). In altre parole, tale dichiarazione potrebbe essere intesa come un certificato di buona fedeltà tra ciò che possiamo vedere oggi in questa frazione del dipinto e quello che dovrebbe essere stato 500 anni fa.

Con tale scoperta – pubblicata sulla rivista "Humanitas" (Ed. Escala, San Paolo) ad aprile del 2022 – dimostro che questi segni sono un dato di fatto. Motivo per cui qualsiasi contributo accademico per un ulteriore approfondimento a riguardo sarebbe interessante. Gli studi proseguono.

Conclusione

Perpetuando la tendenza di considerare tutto ciò che riguarda Leonardo fonte di ispirazione e oggetto di enigmi e incertezze (in modo giusto o ingiusto), il caso Salvator Mundi rientra, dunque, nella norma, a maggior ragione quando sono coinvolti gli astronomici 450,3 milioni di dollari, attirando l’interesse degli investitori nel seducente mondo dell’arte. La differenza è che qui il “troppo bello per essere vero”, in realtà, lo è. Sono indagini scientifiche e serie testimonianze a confermare la risposta che appare evidente, anche agli occhi di esperti intenditori. Ancora oggetto di grande polemica, il dipinto sembra consolidarsi nel breve elenco della produzione vinciana, aggiungendovi un peculiare insieme di attributi mistici e figurativi. Ne è prova, infatti, l'immagine di questo Gesù adulto messo in risalto tra la sua celebre sfilata di ritratti femminili. Detentore del prezzo record e spartiacque nel feroce capitalismo del mercato dell'arte, forse l'ironia più grande del Salvator è la dimensione del pandemonio che ha scatenato (oltre alla vicenda delle attribuzioni) in contrapposizione con la serenità e l'armonia con cui Cristo, proprio lì, ci benedice e ci vuole inspirare. Se “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”, allora la massima può servire anche all'acquirente di un mitico Leonardo che, anche se ricchissimo, difficilmente vedrà la gloria del riconoscimento del suo acquisto.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Argan, Giulio Carlo. Arte e crítica de arte. Lisboa: Estampa, 1988.

Christie’s. The Last da Vinci. Disponibile qui. Visitato il 19 ottobre 2018.

Filho, Átila Soares da Costa. A Jovem Mona Lisa. Rio de Janeiro: Multifoco, 2013.

Eco, Umberto. Arte e beleza na estética medieval. Rio de Janeiro: Globo, 1989.

Keim, Frank. Salvator Mundi: die Entdeckung der Jupitermonde durch Leonardo, Dürer und Giorgione. Disponibile cliccando qui. Visitato il 20 ottobre 2018.

Pomilio, Mario; Chiesa, Angela Ottino della. “L’opera completa di Leonardo pittore”. Collezione Classici dell’arte, vol.12. Milano: Rizzoli, 1978.

Santillano, Giorgio de et al. Leonardo da Vinci (An Artabras Book). Nova York: Reynal & Co. e William Morrow & Co., 1965.

Vasari, Giorgio. Vidas de pintores, escultores y arquitectos ilustres. Buenos Aires: El Ateneo, 1945.

Venturi, Lionello. História da crítica da arte. Lisboa: Edições 70, s/d.

 

Átila Soares da Costa Filho è brasiliano, insegnante, ricercatore, scrittore, esperto e valutatore di opere d’arte. Ha una laurea in Disegno Industriale conseguita presso la Pontifícia Universidade Católica di Rio de Janeiro e diversi titoli di specializzazione post laurea in Storia, Filosofia, Chiesa Medievale, Storia dell'Arte, Antropologia, Sociologia, Archeologia e Beni Culturali. È, inoltre, collaboratore nella rivista “Humanitas” (Ed.Escala, São Paulo) e nei siti web Italia Medievale (Milano) e Nova Acrópole (Lisbona). Fa parte del comitato scientifico della Mona Lisa Foundation (Zurigo) e del progetto “L’Invisibile nell’Arte” (Roma). È autore di quattro libri: "La Giovane Gioconda e altre domande intriganti sulla Storia dell’Arte" (2013); "Leonardo da Vinci's Earlier Mona Lisa” (co-autore, 2016), a cura dello storico dell’arte, Stanley Feldman; "Leonardo e la Sindone e altre domande curiose sull’Arte e la Storia" (2016); e “Leonardo Da Vinci Mona Lisa: New Perspectives" (co-autore, 2019), a cura del Prof. Jean-Pierre Isbouts.

 

 

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Le giovani "Gioconde" (parte prima) - Dalla forza degli opposti, l'equilibrio

Particolare de "L'adorazione dei Magi": l'evidente contrappunto di Bellezza versus Bruttezza (all'estrema destra l’autoritratto di un bel giovane Leonardo)

bandiera portogallo

Prof. Átila Soares da Costa Filho

Il grande interesse di Leonardo per la ricerca di un ideale di bellezza maggiore (ordine) si basa sul principio del doppio o degli "opposti" nelle cose. Questa questione del dualismo ci rimanda a Eraclito di Efeso (535-475 prima di Cristo) e alle sue riflessioni sul cosmo e l'uno, il divenire e l'armonia. Anche gli studi su Fibonacci e la sezione aurea, la forza dell'equilibrio simmetrico, sarebbero di singolare importanza nelle composizioni del genio. In particolare, nell'iconografia Da Vinci che affronta il tema gioventù-maturità, vediamo alcuni esempi di come tali implicazioni filosofiche lo abbiano sedotto. Abbiamo, quindi, il disegno conservato all'Università di Oxford (Christ Church), "Allegoria della politica di Milano", eseguito tra il 1483 e il 1487. Lì possiamo trovare due mistici che fanno uso di uno specchio "magico". Lì troveremo ancora alcuni antichi simboli per l'alchimia e l'ermetismo (controllo degli elementi naturali), cioè la presenza di uccelli e oggetti serpentiformi: il magnetismo e l'elettricità. Quindi una di queste donne si presenta nello stesso schema "Gestalt", con una faccia da giovane, e l'altra come un vecchio. In effetti, la lettura aggiuntiva di questo tema, l'effimero dell'uomo, era una delle costanti nelle filosofie occulte e nelle arti del Medioevo e del Rinascimento, e in seguito (più marcatamente) nel Romanticismo e nell'Espressionismo. “Christ Church” riserva ancora un altro disegno chiamato "Allegoria del piacere e del dolore" (1480), in cui si vedono due figure maschili - un giovane uomo e un gentiluomo - che sporgono dallo stesso corpo. L'idea qui è di illustrare la necessità del piacere per l'esistenza del dolore e del dolore per l'esistenza del piacere: di nuovo la questione del singolo e degli opposti.

Due streghe e lo specchio magico

Due streghe e lo specchio "magico": l'idea era di controllare l'invasione delle truppe di Francesco I a Milano nel 1499

Un altro caso in cui si manifesta lo stesso ragionamento è il celebre dipinto a olio su tavola "L'Adorazione dei Magi", conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze, iniziato nel 1481 e lasciato incompiuto dal 1482. Nel dettaglio, si vede un gruppo di giovani attorno a una pianta, un carrubo, in contrasto con il gruppo di anziani che circonda i principali elementi della composizione: la visita dei Magi raccontata nel Nuovo Testamento e il loro riconoscimento della divinità di Gesù Bambino. Una comprensione più profonda si è aperta alle più diverse interpretazioni nel corso dei secoli. La carruba, insieme al miele selvatico, è descritta nella Bibbia come il menu che San Giovanni Battista, patrono di Firenze, adottò nei deserti della Giudea. Pertanto, è del tutto ragionevole supporre che questo albero, diventando un simbolo della spiritualità del profeta nell'Italia del Rinascimento, possa essere oggetto di venerazione per il gruppo di ragazzi nel dipinto incompiuto. Questo punto di vista si armonizzerà con il grande interesse per il gnosticismo revisionista (compreso il corretto ruolo di Giovanni Battista nell'universo cristiano) che circolava negli ambienti italiani più eruditi e per il quale Leonardo - a giudicare da molti suoi disegni e appunti - sembra aver dimostrato immensa curiosità.

Più contemporanea, ma che indica qualcosa di archetipico in questa verità propagata da Leonardo, è una sequenza del film "Unbreakable" (2000), di M. Night Shyamalan. Nella trama Elijah Price, personaggio interpretato da Samuel L. Jackson, afferma di soffrire di una malattia in grado di rendere estremamente fragili tutte le sue ossa, sensibili a fratture gravi in qualsiasi momento. E' la malattia di Lobstein (o "osteogenesi imperfetta - tipo 1")... Secondo la lógica dell'astuto Price, dovrebbe quindi esistere in qualche parte del mondo un'altra persona con una patologia inversa, dotato di una struttura ossea invidiabile e indistruttibile e cioè David Dunn, interpretato da Bruce Willis. E dieci anni dopo il film, il mondo celebra un grande trionfo della scienza moderna, con rapporti diretti a Eraclito e Da Vinci: la creazione in laboratorio di antimateria, la "particella di Dio", la cui esistenza era già stata accettata in teoria dalla fisica. Antimateria deve essere tutto ciò che contiene carica elettrica opposta alla materia "comune". Unendosi, alla fine " morirà" con l'avversario... Il progetto è stato sviluppato attraverso un lungo tunnel con un acceleratore di particelle, il Grande Collisore di Adroni (LHC), tra la Francia e la Svizzera, dove è stato creato un trilionesimo di grammo di antimateria. Questa è sopravvissuta soli 16 centesimi di secondo per poi essere annientata con la materia corrispondente, come previsto.

Le giovani “Gioconde” (parte finale) - La nascita di Monna Lisa

SantAnna con la Vergine il bambino e san Giovannino National Gallery di Londra

(Sant'Anna con la Vergine, il bambino e san Giovannino - National Gallery di Londra)

Uno dei più grandi gioielli esposti alla National Gallery di Londra è senza dubbio il cartone “Sant’Anna, la Vergine col Bambino e San Giovanni Battista” di Leonardo, eseguito tra il 1499 e il 1500. È un carbone e gesso su carta basato su un famoso racconto apocrifo (dal Proto-Vangelo di Tiago, Pseudo-Matteo e il Vangelo dell’Infanzia di Maria) redatto durante il Medioevo. Il fatto è che l’iconografia stessa sembra essere una narrazione del confronto tra la giovinezza di Maria e la maturità di sua madre. È noto per il personaggio della nonna di Gesù, Sant’Anna, che mantiene una forte somiglianza del volto con la Gioconda, o Lisa Gherardini. Non così chiara, ma ugualmente intrigante, Maria, la giovane madre del Messia, che ha gli stessi tratti di un certo numero di giovani personaggi presenti in altre opere di Leonardo. Quindi, nel modello dell’armonia degli opposti, questa Maria deve necessariamente essere una versione più giovane di Sant’Anna / Lisa Gherardini (o, semplicemente, “Monna Lisa”). Sono, infatti, la stessa persona: una in età matura; l’altra giovane. In effetti, il tema di questa trama fittizia tra i santi era qualcosa su cui l’artista avrebbe mostrato grande irrequietezza fino alla fine della sua vita.

Santa Marta e Maria Maddalena

(Marta e Maria Maddalena” o "Modestia e Vanitá" di Bernardino Luini: Il volto di Monna Lisa e discorso sugli opposti)

L’erede

Il chiarimento circa l’identità di questa giovane Maria nel disegno di Londra potrebbe essere paragonato al ritratto di una giovane Lisa. Con un esercizio di una retro-ingegneria, intuitivamente, prendiamo la “Dama con Pelliccia”. Tuttavia, gli angoli disparati in cui vengono mostrate le teste del personaggio rendono difficili i confronti. Ma non tutto è perduto: è attraverso il lavoro non così famoso di uno dei suoi migliori studenti che il disegno può darci una risposta. Mi riferisco a Francesco Melzi. Sfortunatamente sappiamo poco del grande compagno di Leonardo, ma la sua fiducia nel giovane nobiluomo di Milano è stata in grado di trasmettere i suoi disegni - tra cui studi anatomici - schizzi, la maggior parte dei suoi dipinti, così come una ricca eredità di scritti. Se oggi sappiamo qualcosa di da Vinci, molto è certamente dovuto a Melzi, che ha fornito molte informazioni ai più grandi biografi dell’artista. Pertanto, possiamo ricordare che Melzi stesso avrebbe considerato la questione dell’anatomia come qualcosa di più importante nella sua arte… proprio come il suo maestro aveva sempre sostenuto.

E fu con tanta cura che quest’ultimo compagno di Leonardo eseguì un “Vertumno e Pomona”, intorno al 1520, oggi nella Gemäldegalerie di Berlino. Il dipinto ci ricorda Pomona, la dea greca delle stagioni - in particolare l’autunno - e protettrice dei frutteti, così come il dio Vertumno, che poteva trasformare tutto ciò che voleva.

Vertuno e Pomona

(“Vertumno e Pomona” di Melzi: volto standardizzato di una giovane Monna Lisa)

Un giorno, stanco della costante indifferenza di Pomona, il dio decide di trasformarsi in una donna anziana per avvicinarla e consigliarla di unirsi a lui… e così la dea acconsente. È interessante notare che, ancora una volta, per scelta di Melzi, ci imbattiamo nell'iconografia degli opposti, dal momento che ha scelto di rappresentare il dio come una vecchia. Degno di menzione è anche il fatto che le sue argomentazioni si basano sul principio che tutte le cose devono essere unite a qualcosa di “contrario” perché lei abbia ragione, quindi l’imperativo di Pomona di sposare Vertumno, giovane e bello. Seguendo Eraclito, concludiamo che la giovinezza di Vertumno non varrebbe nulla se non assumesse l’essenza di qualcuno di età molto avanzata, attraverso il pregiudizio della saggezza che deriva solo dalla maturità e dall’esperienza.

Nel dipinto di Melzi è evidente l’ispirazione utilizzata per la figura di Pomona: è il cartone della Vergine Maria di Leonardo. Nello stesso anno, un altro famoso allievo di Da Vinci, Bernardino Luini, avrebbe anche approfittato dei modelli di cartone per una “Sacra Famiglia” (Biblioteca Ambrosiana a Milano). In questo periodo (tra il 1517 e il 1521) Melzi ricorse ancora una volta all’immagine del volto nel disegno per uno schema successivo: il tema ora è Flora, la dea della primavera. I dipinti realizzati saranno anche nominati “Colombina”, un riferimento al fiore eretto dal personaggio, in cui Flora è associata alla morte e, successivamente, alla rinascita… ancora una volta troviamo l’equilibrio delle forze proposto da Eraclito. In effetti, ci sono due versioni di qualità tecnica superiore che ci sono arrivate: una all’Hermitage di San Pietroburgo e un’altra al Virginia Museum of Fine Arts negli Stati Uniti. Quest’ultimo una “confessione di filiazione” alla “(Giovane) Dama con Pelliccia”. All’epoca Melzi elaborò anche una versione per Flora in una posa leggermente diversa (Galleria Borghese, Roma), ricordando di più quella della “Gioconda”; tuttavia, con una leggera differenza nelle disposizioni e nel vestito, ma che mostrava la somiglianza facciale tra i due. Nel 1525, Luini eseguirà un “Ritratto di Donna”, completamente risucchiato da quest’ultima “Flora” di Melzi – ma con una pittura meglio curata, dove si può intrecciare un inevitabile confronto con il ritratto di una Lisa più giovane.

Rivolgo anche a più prove di questa predilezione di Francesco Melzi su Lisa (giovane) per la creazione delle sue figure femminili tra l’adolescenza e i primi anni trenta: “Proserpina e Plutone”. Questo lavoro è quasi certamente stato eseguito da uno dei suoi seguaci, e fu messo all’asta da Sotheby’s di New York nel 2007. Lì, la dea della “rinascita” è un altro adattamento della figura di Colombina. Anche lì, l’angolo della testa di questo personaggio si adatta meglio a quello della “Dama con Pelliccia”, che rivela una somiglianza facciale tra i due, nonostante i limiti figurativi di questo apprendista Melzi.

Giovane dama e Gioconda

(“Giovane Dama” e “Gioconda” (Collezione privata - Louvre, Parigi): Lisa Gherardini, giovane e matura)

La giovane Lisa

Dall’originale nel disegno di Leonardo, infine, possiamo confrontare il volto del modello “Pomona” con lo stesso angolo di quello della Vergine sul cartone. Dato tutto questo, l’unica conclusione che si può trarre è che l’ispirazione da “Giovane Dama con Pelliccia” è innegabile anche se con qualità molto più bassa – dopo tutto, stiamo parlando di Da Vinci all’apice del genio contro un pittore che passa alla storia proprio per la sua vicinanza al primo. Ancora sulla Flora dell’Hermitage, c’è un episodio legato alla comparsa di un busto in cera della dea, attribuito a Leonardo, agli inizi del XIX secolo. Ricordava molto un’altra opera della scuola romana del XVIII secolo, parte della Collezione Pontow (Mannheim), con la differenza di apparire molto più antica. Era stata trovata nel 1907 presso un antiquario da Murray Macks, a Londra. Lo storico dell'arte tedesco Max J. Friedländer, convinto del suo valore per la qualità e l’apparente usura della opera, sostenne che era un pezzo d’antiquariato. Quindi la strada della gloria fu breve: l'opera venne acquisita dal Museo Kaiser-Friedrich (Musei Statali di Berlino) e fu prontamente autenticata dal famoso critico d’arte Wilhelm von Bode. Più tardi si scoprì che si trattava di un falso realizzato dallo scultore Richard Kockl Lucas, denunciato dal figlio dopo la sua morte. Il Times, addirittura, aveva già deciso di presentare la scultura al mondo come una truffa. Pur essendo un falso, il busto - come successivamente confermato dal figlio di Lucas, già ottantenne – fu modellato sulla giovane Flora di Melzi. La posizione corretta delle braccia nella scultura (parzialmente mutilate) segue per ogni posa stessa (e inclinazione) in ciascuna delle tre versioni (St. Petersburg, Roma e Mannheim) - infatti, tali gesti sono posizionati all’interno di un modello leonardesco. E un leggero confronto tra i volti di questi ritagli (ad esempio estratto Melzi ispirato e cartone) nella stessa posizione della “Giovane dama” mostra chiaramente lo stesso modello: così la Vergine nella progettazione National Gallery è, poi, la giovane Lisa Gherardini.

Per concludere: attraverso l’analisi dei punti delle corrispondenze facciali, si può vedere che Maria nel disegno di Leonardo, in tante versioni di Melzi e Luini, soprattutto, si rivela come Lisa Gherardini, anche immaginare il tema della “Giovane Dama”. Infatti, a giudicare dall’età del bambino Gesù sul cartone, la Vergine Maria avrebbe avuto intorno ai diciotto anni. Nel caso, il modello storico nella pittura da Da Vinci avrebbe ventiquattro anni. Differenze, qui, trascurabili, soprattutto se prendiamo in considerazione la licenza poetica del relativismo che si intreccia sempre nelle rappresentazioni artistiche.

Flora musei statali berlino

(La controversa “Flora” - Musei Statali di Berlino. Sarebbe una delle rare sculture sopravvissute di Leonardo)

Ciò che vogliamo portare con questo studio è un insieme di prove che confermano la teoria dell’armonia degli opposti nell’arte di Leonardo – questa volta sul suo personaggio più celebrato, e più specificamente, in una versione giovane. Ma perché questi lavori non dovrebbero essere solo riproduzioni della vecchia e stanca Monna Lisa del Louvre, dal momento che il mondo è stato interpretato per secoli? Semplice: in primo luogo, a causa dell’esposizione relativamente timida degli altri ritratti del maestro, in modo che possano essere ricordati. Secondo, perché entrambi questi altri volti in sé e i personaggi a cui si riferiscono sembrano fare riferimento a donne giovani. A proposito, nella stragrande maggioranza dei lavori leonardeschi si percepisce che la fonte d’ispirazione è una giovane Gioconda. Un errore secolare di interpretazione che, lungi dall’essere raro, scelse la più grande icona culturale della storia umana come vittima, influenzando generazioni di studiosi e scrittori.

Per il famoso sorriso della “Monna Lisa” di Parigi, il mondo ha deciso di stampare i segni dell’eterno e del sacro – basta ricordare gli infiniti secoli di “pellegrinaggi” al Louvre. La sua figura è stata persino sinonimo della grandezza di ciò che la razza umana è in grado di creare, come fece J. F. Kennedy quando il prezioso dipinto volò in prestito negli Stati Uniti nel 1963. A prima vista, avrebbe soppiantato tutti gli altri traguardi dell’Uomo, spettatore e diventa elegante e solido prima dell’eternità: lei è sensibilità e roccia.

Certamente, nella “Giovane Dama”, il risultato non fu altro: la posa sovrana e il sorriso così peculiare sono evidenti anche in questa variazione aggraziata, componendo con la “Monna Lisa” il ritratto ideale della razza umana all’alba della Modernità. Il volto di quella donna, creata a immagine e somiglianza del Creatore, si impossessa di tutta la maestà che le è peculiare e sfida chiunque la osservi. L’arte, quindi, sarebbe il grande alleato della sua grandezza, poiché la nostra specie è anche l’opera dell’arte da Dio – il suo capolavoro. È su questo punto che l’uomo assumerebbe questi tratti - così umani - di irrequietezza e speculazione (il teologo Paul Tillich inaugura il termine “irrequietezza finale”), insieme alla sua vocazione trasformatrice.

BIBLIOGRAFIA:

Umberto Eco: “Arte e beleza na estética medieval” - Globo, 1989
Umberto Eco: “Storia della brutezza” - Bompiani, 2007
Mario Pomilio, Angela Ottino della Chiesa: “L’opera completa di Leonardo pittore” - Classici dell’arte, vol.12 - Rizzoli, 1978
Giorgio De Santillana: “Leonardo da Vinci: an Artabras Book” - Reynal & Co. e William Morrow & Co., 1965
Giorgio Vasari: “Vidas de pintores, escultores y arquitectos ilustres” - El Ateneo, 1945
Jean-Pierre Vernant: “As origens do pensamento grego" - Difel, 200

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La saggezza nascosta - Botticelli ben oltre la semplice bellezza (prima parte)

La Venere di Berlino: l'aiuto all'Astrologia era fondamentale in una Firenze dominata dalla paura.

 bandiera portogallo

Prof. Átila Soares da Costa Filho

Il periodo del 1480-81 fu certamente emblematico nella produzione di "Sandro" Botticelli (Alessandro di Mariano Filipepi). Questo artista fiorentino, uno dei più grandi della pittura italiana della seconda metà del XV secolo, iniziò a sviluppare una certa peculiarità nella maggior parte delle sue opere di devozione. San Giovanni Battista, colui che ha "preparato la strada" per la vita pubblica di Cristo, patrono della città natale di Botticelli, sarebbe stato il protagonista.

    Basandosi sulle note del pittore contemporaneo e biografo Giorgio Vasari, vediamo un Botticelli come un talento arguto che, nella sua maturità, svilupperebbe un profilo notevolmente mistico. Per questo, vediamo alcuni dei suoi capolavori, come il "Retable Bardi" del 1485, o "Pallas e il Centauro", probabilmente dello stesso periodo; o anche la "Natività mistica", 1500. Inoltre, Sandro utilizzato per incorporare i poteri talismano per molte delle sue creazioni al fine di portare la benedizione alla casa dove è stato previsto. Infatti, in concomitanza con l'inizio dell'iconografia "giovannesca" del pittore, alcuni studiosi sottolineano che questa produzione sarebbe diventata più "enigmatica". La ragione sarebbe la vicinanza dell'anno 1500 quando, secondo alcune interpretazioni della Kabbalah e dell'Astrologia, la fine del mondo sarebbe arrivata. In effetti, l'artista si stava abituando allo studio delle dottrine gnostiche, in voga nei circoli più intellettuali. Tuttavia, in molti dei suoi dipinti mariani vediamo un sole a forma di occhio cucito nel manto della Vergine all'altezza delle spalle, tipico della simbologia ermetica. Questo sole è l '"Occhio che vede ogni cosa": Horus secondo gli Egiziani, e Dio-Padre nella tradizione giudeo-cristiana. L'inclusione dei raggi e fiamme questo dettaglio sembra indicare la catechesi della verginità triade de Maria: pre-umanistica, pre-neoplatonico e probabilmente appreso dal frate domenicano Girolamo Savonarola, un estremista del cristianesimo, che prende il potere dopo l'installazione della Repubblica di Firenze. Le tre fiamme - anzi, stelle - corrispondono alla condizione di una vergine nel prima, durante e dopo la nascita di Cristo. Questa idea pittorica risale ai Bizantini, ma qui è limitata alla figura centrale del Padre Sole. Alcuni altri esempi sono la sua "Madonna del Libro", o "Madonna col Bambino e S. Giovanni Battista" (in collaborazione con Jacopo del Sellaio, suo discepolo). 

Madonna col bambino

La "Madonna" di Botticelli e del Sellaio: puro esoterismo radicato nella fede cristiana.

    In seguito, l'influenza di Savonarola lo portò a un filo più austero nella sua ricerca spirituale. Ed era risaputo che Botticelli mantenuto stretta amicizia con il monaco, soprattutto dopo alcune previsioni suo lanciato contro i Medici sono infatti stati realizzati negli anni 1490 - che sarebbero stati espulsi dal controllo della città. Probabilmente anche altre, non meno terribili profezie di Savonarola contribuirono al misticismo di Botticelli. I feroci attacchi del monaco contro Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) avrebbero comunque contribuito a peggiorare un ambiente già teso, nella misura in cui l'autorità e la paura per il dominicano crebbero. Sandro era venuto ad adottare la meditazione come condotta di vita... e a diventare più introspettivo.

IL "HOMO UNIVERSALIS"

    In realtà, non si può parlare di fenomeno Rinascimento italiano senza considerare questa "recensione spirituale" sponsorizzato da importazione galoppante contingente greco della invasione turca di Costantinopoli nel 1453. Tra di loro sono stati Gemisto Pletone (considerato l'incarnazione stessa di Platone) e la cui discorsi insegnamenti nascosti vengono ad impressionare i potenti Medici. Questi, a loro volta, assumono il filosofo Marsilio Ficino per tradurre in pieni testi greci che furono la base delle idee di Pletone. Ficino avrebbe comunque trovato l'Accademia Careggi a Firenze sulla falsariga di quelle di Pitagora e Platone. Si noti che l'esecuzione dei due opere più famose di Botticelli, "Primavera" (1478) e "La nascita di Venere" (1485), è stata guidata dalle lettere di Ficino, e sono formati da allegorie studi schematiche di oroscopi come supporto. Comunque, è stato un momento in cui il clamore per una maggiore saggezza ha posto le menti più brillanti e audaci d'Italia riti più antichi e più oscuri e di pensiero, nel tentativo di scoprire dove risiedono l'origine dell'essere e ciò che la sua essenza. Il "Libro di Thoth", il "Corpus Hermeticum" miticamente attribuito al dio greco Ermete Trismegisto (a sua volta identificato come Toth), il "Versi età dell'oro" di Pitagora, "Da triplici Vita", opera originale di Ficino, il Rosarium Philosophorum e il Re Metallica de Agrícola diverrebbero oggetti di curiosità e fonte di studi nei più alti ambienti filosofici e scientifici. Un nuovo Uomo doveva nascere, chi poteva vedere la Creazione e la realtà delle cose in un modo sfaccettato. Michelangelo, nella ricerca della bellezza divina, è un buon esempio.

vergine col bambino particolare

Particolare di "La Vergine con il Bambino e S. Giovanni Batista", di Botticelli: presenza costante in montagna.

 

IL FATTORE ESSENE

    Analizzando l'iconografia dell'artista, in termini di struttura, abbiamo identificato molto spesso, due fattori correlati con la gnosi esseno come colonna: la presenza di San Giovanni Battista; e la rappresentazione tipico delle montagne del deserto di Giuda alle sue spalle, che porta alla perdita idea degli antichi padri e dove gli Esseni hanno creato una societá per 170 aC Ma il fatto che Giovanni Battista era un membro della setta degli Esseni è stata qualcosa preso molto seriamente dalla sua morte nel primo secolo - forse 30 dC - e considerato quasi un dogma, specialmente tra alcune filosofie orientali che avrebbero raggiunto il presente. Tale teoria, oltre la tradizione, preso slancio dopo la scoperta del Vangelo dei Dodici Santi nel 1880, e il Vangelo Esseno della Pace nel 1923. Attualmente, storici e critici sono divisi, sostenere o meno l'idea del Battista esseno, ma cosa c'entra tutto questo con Botticelli? In effetti, la filosofia della vita attribuita al Battista attraversa diversi punti di riferimento lasciati dal “modus vivendi” dell'artista. Ad esempio, è completamente ignorato che ha avuto figli, o anche un compagno. Perché se ci fosse qualche coinvolgimento emotivo "regolare" nella vostra vita, non v'è alcun motivo apparente per questo non è mai stato rivelato dalle sue belle immagini femminili... o testualmente. Questa particolarità è stata anche in grado di generare una carica dell'omosessualità - cosa punibile con la morte in quel momento - nei confronti del pittore dopo la morte di Savonarola, ma nulla è stato mai provato. Nota anche che gli esseni praticavano il celibato nell'estrema ricerca della purificazione corporea.

    Il Codex Romanoff di Leonardo da Vinci ci informa inoltre che Botticelli era un vegetariano - come gli esseni. Questi, in relazione al regno animale, si nutrivano solo di pesci con riproduzione asessuata, "immacolati", e ancora vivi. La ragione è che, quindi, non starebbero mangiando materia morta, un'impurità. Oltre a questo, c'è anche un aspetto mistico nella sua personalità che si intreccia con la figura del Battista. Ma qual era il significato del culto dei santi durante il Rinascimento italiano, come è stato lo stesso attaccamento dimensioni, che, in un certo senso, ha preso il posto delle vecchie divinità pagane? Quanto segue riguarda la reale importanza di San Giovanni Battista.

 

BIBLIOGRAFIA
BACCARINI, Enrico; PINOTTI, Roberto. Itália Esotérica. São Paulo: Madras, 2005.
DELUMEAU, Jean. A História do Medo no Ocidente (1300-1800): uma cidade sitiada. São Paulo: Cia. das Letras, 1989.
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Botticelli

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